COME FOTOGRAFARE UN PAESAGGIO

SENZA FARE I MIEI STESSI ERRORI

Ti faccio una domanda:
Tu sei consapevole dei rischi che corri quando fai una foto di paesaggio?

Eh, oggi ti parlo di un mio fallimento, o meglio: del fallimento preannunciato di una fotografia.
E sai perché sapevo di questa débàcle?
Perché sapevo già prima di scattarla che stavo sbagliando.
Faccio un passo indietro.

Mi trovavo a Cape Town in una delle solite giornate di vento forte.
Pensa che io odio il vento in Italia, ma giù non ne potevo fare a meno.
Perché in Sudafrica non è solo vento, ma è la manifestazione tangibile che la natura irruente ti circonda e a lei, non frega nulla di te.
O ti adatti e te la fai piacere, o cambi stato.

Quel giorno oltre al vento forte c’era anche un temporale che stava salendo dalle montagne e io e Valeria avevamo deciso di andare a vedere l’oceano.
Siamo andati a Maiden’s Cove, caratterizzato da grossi scogli piatti e levigati dall’oceano che si stagliano come soldati valorosi a difesa della madre terra.

Insomma, vento forte e temporale che sale da dietro e io richiamato dalla forza dell’oceano decido quindi di sedermi su questi scogli.
Mi becco tutta l’acqua sollevata dal forte vento e dalle onde che si infrangevano, finché il sole non lascia spazio alle nuvole grigie che stavano arrivando.

In questo bel panorama umido, decido di fare delle fotografie pur sapendo che non avrei ottenuto nulla, se non il rischiare di dover poi buttare la macchina fotografica perché inzuppata d’acqua.

Scatto una serie di 8 fotografie verticali con il 33mm, immagini che sapevo già che avrei unito con Photomarge di Photoshop.

Ma perché sapevo che questi scatti non avrebbero avuto quella potenza che invece la natura mi stava imprimendo?
LA RISPOSTA È che stavo fotografando un paesaggio senza piani di lettura e senza la possibilità di dare una scala al tutto.

Che cosa voglio dire con: “senza i piani di lettura?”
Che nella mia immagine non c’erano le quinte, non c’era nulla che scandiva la profondità di quel paesaggio.
Stavo facendo una foto piatta, bidimensionale, che non avrebbe dato, a chi avesse guardato dopo quella foto, la possibilità d’indagare sulla sua profondità fino all’infinito.

Che cosa voglio invece dire: “che non stavo dando una scala di lettura?”
Che pur essendo maestoso ciò che stavo guardando non c’era nulla che lo avrebbe potuto far intuire.
Per esempio:
Non c’ero io piccolino in fotografia che potessi fare da scala alla maestosità del tutto, ma c’era solo l’enormità del tutto:

  •  Senza poter far intendere quanto fossero grosse quelle pietre
  •  Quanto potessero essere forti le onde.
  •  Quanta acqua mi stesse arrivando in quel momento.

insomma, il 90% delle cose che mi stavano travolgendo di emozioni, NON le stavo comunicando e valorizzando con i giusti strumenti, nella mia immagine.

Ecco qui la foto, così puoi capire cosa voglio dire:

Attenzione però!
Tutto questo l’avevo fatto in modo consapevole, sapevo che stavo rinunciando alla foto per vivermi il momento.

Se avessi voluto veramente quell’immagine, col piffero che me ne andavo senza!

E il più delle volte, voglio sempre portare a casa la miglior immagine possibile e ti assicuro che per farlo, dedico tutto il mio tempo e metto a frutto tutte le mie competenze.

A te adesso chiedo: Quante volte ti è successo di tornare a casa e di non rivivere nelle tue fotografie quella maestosità che avevi visto?

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Luciano

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